[...]il
punto è: come (o se) operare una trasformazione interiore, dovuta a un diverso scambio
con il mondo (?), e il punto ancora è: come modulare questo tipo di
esperienza affinché l’immagine della
realtà (del sensibile) possa essere bilanciata o amplificata, nell’ambito delle
correnti artistiche (di pensiero, anche)?
[...]lo spazio oggettuale della coscienza è trapassato
dalle dinamiche dello spazio interno (interiore) relazionando tra loro attraverso
linee di forza, tensioni, concentrazioni che definiscono superfici e volumi[...]
[...]in
questo spazio-mondo, in questo spazio-gioco, vengono ricreati luoghi (cavi o in
negativo), svuotati dei propri colori naturali.
Alla sottrazione, così come
alla morte, corrispondono ‘colori complementari dello spirito’ (sbiancamenti).
Non è in gioco dunque soltanto la sapienza tecnica durante l'esecuzione, stesura di un'opera (testuale, anche) quanto -forse- l’esperienza delle cose e degli esseri, nella loro dimensione retrostante, a
misura d’uomo.
[...]una sorta di fenomenologia che si evolve nel tempo per mezzo di un linguaggio
figurato (e s-figurale), che trova pregnanza non più e non solo nell’astrazione,
quanto nella concentrazione sull’essere.
[...]sottrarre il colore alle rappresentazioni, assecondando quella che
potrebbe definirsi una phénoménologie de l’experience esthétique, identificando
i caratteri dell’esperienza estetica, pur muovendosi da principio da quella
artistica e tentando attraverso la
monocromia e il segno, di costruire due sistemi coincidenti.
L’essenzialità
del manufatto monocromatico (minimale o minimalista), non lascia il dato
naturale alla propria organizzazione (che è un’organizzazione imposta), ma lo
ri-ordina, lo ri-organizza attraverso modalità personali che tuttavia
rispondono a fenomeni di esteticità entro segmenti del reale, un reale altro
che avrà anch’esso le sue leggi ed esibirà una sua
propria organizzazione, differente da quella quotidiana, ma pur sempre
innestata in essa.
Merleau-Ponty, nel saggio L'occhio e lo spirito,
afferma come doppio il fondamento della visione, intercorporeo ed
intersoggettivo: 'da un lato sperimentiamo il nostro essere al mondo
nell'avverarsi di una continua reversibilità tra vedente e visibile, tra il
mondo che ci tocca e ci guarda e noi che siamo toccati e guardati dal mondo […]
dall'altro l'occhio del pittore, che restituisce al visibile l'impatto con il
mondo mediante i segni tracciati dalla mano, ridesta le esperienze del vissuto
nelle altre coscienze, unendo le vie separate […] In generale la visione non è
dunque una certa modalità del pensiero, ma il mezzo che è dato all'uomo per
essere assente da se stesso, per assistere, dall'interno, alla fissazione
dell'Essere.'
[...]il
visibile, non il visto (e/o viceversa) sono (potrebbero essere)il punto di partenza di uno studio
della percezione che diviene (potrebbe divenire) appercezione, ossia piena consapevolezza
del sé [?]
[...]il punto (spunto forse, per ulteriori riflessioni) infine è anche: cosa deve o può (ancora) spiegarci il visibile, cosa
può o deve, ancora, spiegarsi lo sguardo?
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