martedì 21 gennaio 2020

il destino della necessità




In primo luogo occorre considerare che il cerchio del destino è come la punta di un cono in cui si verifica un progressivo allargarsi della dimensione manifesta degli eterni. Quello che chiamo il mio esser-io è ciò che all’interno del cerchio finito dell’apparire appare come me stesso, o meglio come il mio creder di esser me stesso, ma il cerchio finito delle cose implica necessariamente l’apparire infinito della totalità degli essenti. Naturalmente è impossibile che l’apparire infinito entri totalmente nell’apparire finito, sì che l’apparire finito è un aprirsi all’infinito verso questa totalità assoluta che non potrà mai diventare contenuto del cerchio finito. Per questo non è possibile che tutti gli essenti appaiano nel cerchio finito, anche se la totalità del già apparso e del totalmente dimenticato è destinata a riapparire definitivamente.
Inoltre l’apparire attuale del destino, che è appunto un apparire finito, è destinato al tramonto della terra isolata, che è la condizione per cui possa apparire qualcosa come la storia del mortale, la storia del preoccidente, la storia dell’occidente, fino ad arrivare alla civiltà della tecnica. L’apparire infinito, verso cui l’apparire finito tende, è dunque il toglimento di tutte le contraddizioni presenti nella terra isolata. Un toglimento che però significa oltrepassamento, non annullamento o dimenticanza. Le contraddizioni vengono superate, pur rimanendo tutti gli errori che le hanno generate. Nell’apparire infinito del destino tutto viene conservato, pur nella risoluzione della totalità delle contraddizioni, in cui gli essenti sono essenti e non più nulla.
Un punto per me fondamentale è che nella situazione attuale del destino, l’esser uomo è il contrasto tra il già da sempre essere apparso da parte del destino e la convinzione che le cose vere e proprie non sono la storia del destino, ma questa stanza, il mio corpo, gli oggetti e via dicendo. Ora questo contrasto dell’esser uomo comincia a essere intaccato dal linguaggio che testimonia il destino e quindi lo fa apparire alla coscienza. Il linguaggio comincia a indicare ciò che da sempre appare, ma che finora è stato contrastato dall’isolamento della terra. Per cui, come dicevo, il cerchio finito del destino è caratterizzato da questa progressiva irruzione degli eterni nell’apparire che lo costituisce, secondo un sopraggiungere che tende all’infinito lungo quel cono che avevo richiamato, la cui progressiva espansione è costituita dalla gloria.


Emanuele Severino




Nessun commento:

Posta un commento